23 ottobre 2010

Santa Messa: omelia del 23 ottobre

Sabato della XXIX settimana del Tempo Ordinario
Vangelo di Luca 13,1-9

P. Michael Ogweno
Quando alcune persone vanno da Gesù e gli dicono della tragedia e sventura che è toccata ad alcuni Galilei e suggeriscono che erano più peccatori del resto dei Galilei, Gesù coglie l'occasione per rifiutare quel tipo di mentalità; una mentalità non totalmente estranea anche a noi. È usuale per noi pensarlo quando tutto va bene; quando abbiamo tutto quello che ci è necessario e abbiamo messo da parte abbastanza per il prevedibile futuro, è a motivo del nostro lavoro duro e della nostra migliore programmazione. La vita felice è un premio di Dio per qualcosa di buono che abbiamo fatto così come una sventura è una punizione per qualcosa di cattivo.

Allora noi spesso ci teniamo alla larga da quelli che sembrano passare da un disastro all'altro; talvolta per la paura che la loro sventura possa toccarci; che possano macchiarci o contaminarci. E mentre talvolta ci dispiace per loro e li compatiamo, noi non ci identifichiamo realmente con loro. Sospettiamo che la loro tragedia, sventura, dolore e sofferenza è causata da qualcosa di sbagliato che hanno fatto o non hanno fatto.

Gesù dice ai suoi ascoltatori come dice a noi oggi, che la sventura, la tragedia e le sofferenze non sono segno di più grandi peccati in chi le patisce. Noi tutti condividiamo una somiglianza di base con coloro che soffrono in qualsiasi modo. Ognuno, dice Gesù, è un peccatore e perciò deve pentirsi. Se non vi pentite, voi tutti perirete come loro! Disastri, incidenti e sofferenze non sono inflitte alle persone da Dio come punizione dei peccati.

Il Dio di Gesù Cristo, il nostro Padre, è intrinsecamente un Dio di amore, che è misericordioso e generoso con tutti i suoi, compresi quelli che noi vorremmo classificare come peccatori. La sua misericordia e generosità verso di noi, è un invito rivolto a noi, a essere a nostra volta misericordiosi e generosi l'un con l'altro.

Nessuno dovrebbe guardare ai suoi doni e risorse e pensare che li ha meritati più di un altro, o guardare a chiunque non li abbia come se fosse punito per qualcosa che ha fatto o non ha fatto. Qualsiasi vita e prosperità ognuno abbia deve essere intesa, vista e ricevuta come un dono completo, dato da Dio semplicemente perchè Dio ha scelto di fare così, per la sua generosità e non perchè uno lo ha meritato più di un altro. Dio ama tutti e ci chiede di fare lo stesso l'un per l'altro. Se non vi pentite perirete tutti come loro!

Per illustrare ulteriormente la questione, Gesù usa la parabola del fico senza frutti. Il motivo che spinge ogni agricoltore a piantare piante di fico nella sua vigna è di goderne i frutti. E così noi possiamo capire la delusione di questo vignaiolo che, non avendo trovato fichi per tre anni, decise di tagliare l'albero semplicemente. Tuttavia, a causa della preghiera del dipendente e della generosità del padrone, accetta che l'albero resti, con la speranza che il duro lavoro del dipendente porti a buon fine ciò per cui era stato piantato: produrre frutti. Il dipendente ha un'attenzione particolare per l'albero senza frutti e il padrone, nonostante il lungo tempo infruttuoso preso dall'albero, concede più tempo perchè l'albero produca i frutti desiderati. 

La vigna naturalmente è il nostro mondo e noi siamo gli alberi piantati per produrre frutti. Frutti di amore, compassione, misericordia, generosità, umiltà, sacrificio di sè....E benchè molte volte questi frutti non siano molto visibili in ognuno di noi, attraverso Cristo e l'azione dello Spirito Santo, Dio nostro Padre ci concede più tempo perchè produciamo i frutti per cui siamo stati piantati qui sulla terra. Amarci l'un l'altro e lavorare insieme per edificare e diffondere il Regno di Dio, che è espresso nell'unità, nell'essere uno; come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono uno, così anche noi tutti benchè molti e differenti in tanti modi, dobbiamo lavorare verso quell'unità. Non ci deve mai essere un "noi e loro". 

Se non vi pentite, perirete tutti come loro!

È provvidenziale e opera dello Spirito santo che ci tocchi questa lettura nel momento in cui ci riuniamo come Congregazione per affrontare questioni come vitalità, vita, diminuzione, e mancanza di crescita nella Congregazione. Naturalmente riconosciamo e ringraziamo Dio per averci benedetti, sia come membri individuali che come entità della Congregazione, dal tempo del Fondatore fino a questo raduno, con segni visibili della sua presenza, grazie e talenti. Ci ha innaffiati con tutte le risorse generatrici di vita e dobbiamo essere continuamente grati e chinare le nostre teste a Lui riconoscenti.

Allo stesso tempo, sappiamo anche che ci sono membri individuali e entità della Congregazione che soffrono mancanza di vitalità, crescita e produzione dei frutti desiderati, proprio come il fico improduttivo nella nostra parabola di oggi. Sappiamo che alle giuste condizioni, col letame, l'acqua... l'albero ha in sè il seme dei propri frutti. Lo stesso principio può essere applicato alla Congregazione. Le questioni che dobbiamo affrontare per dare risposte, alla luce del vangelo che abbiamo appena letto, sono: vogliamo tagliare gli alberi improduttivi o vogliamo offrire loro un'altra occasione, procurando il letame, l'acqua e le risorse a sostegno della vita, così che possano produrre i frutti desiderati? Che tipo di mentalità o atteggiamento abbiamo verso quei membri o entità che non stanno sperimentando la pienezza di vita? Guardiamo a loro con un po' di sospetto, che forse ci sia qualcosa che hanno fatto o non hanno fatto, la cui conseguenza è la loro povertà e difficoltà? 

Comprendiamo che viviamo questo insieme(siamo nella stessa barca), che coloro che esperimentano difficoltà di qualunque genere, hanno bisogno della nostra attenzione e cura speciale, allo stesso modo in cui Gesù prega il Padre per noi al punto di offrire la propria vita perchè noi possiamo avere la vita e averla in pienezza? Comprendiamo che la diminuzione in ogni parte è la nostra stessa diminuzione, o abbiamo un atteggiamento di "noi e loro"? Se non vi pentite perirete tutti come loro!

L'invito e la sfida che il Vangelo ci presenta oggi è che ognuno di noi, individualmente e come entità, dovrebbe agire come il dipendente e pregare che venga dato più tempo all'albero; mentre facciamo tutto quello che è in nostro potere e capacità per creare una situazione favorevole che permetta all'albero di produrre i suoi frutti.

Mentre ci raduniamo per guardare un'altra volta dentro questa questione di vita, vitalità e produttività del nostro albero, cioè della nostra Congregazione, che non ci siano un trattenersi, divisioni tra "noi e loro", domande su chi è colpevole o responsabile di ciò che manca o diminuisce, ma che ci dovrebbe essere solo una domanda a cui tutti noi dovremmo rispondere: Che cosa posso fare io come individuo, comunità e entità per migliorare questa vita e presenza di frutti nel mondo passionista.

P. Michael Ogweno

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